Queen Kong, il Bello e la Bestia, il principe rosa e la principessa azzurra
Chi mi conosce o chi segue le mie attività sui social lo sa bene: sono una cinefila o forse più una cinemaniaca e vado profondamente fiera della mia sana ossessione. Attingo alla narrazione cinematografica anche nel mio lavoro clinico e di formazione e chi ha partecipato a qualche mio corso, avrà notato che non manco mai di citare qualche pellicola, descrivere qualche scena di film o inserire qualche immagine cinematografica nel materiale didattico.
Amo tutti i generi e tutti i linguaggi cinematografici, dai cartoni ai thriller, ai racconti di avventura, ai film politici, a quelli di fantascienza, agli horror, ai drammatici… insomma, non li devo elencare, dato che sono proprio tutti.
Mi piacciono molto i film in cui ci sono animali giganti e secondo me ne escono troppo pochi al cinema. Godzilla, la serie di Jurassic Park, King Kong. Dovrebbero essercene di più, non lo pensate anche voi?
Non potevo mancare, dunque, alla visione del nuovo film “Kong – Skull island”, dove gli animali giganti sono protagonisti assoluti. Un prodotto che va visto assolutamente sul grande schermo, per apprezzarne gli effetti speciali e aumentare il fattore “gigantezza” dei personaggi e quindi l’impatto visivo.
Mi è piaciuto, mi sono molto divertita, ma appena uscita dalla sala ho iniziato a pormi delle domande. La prima è stata: se Kong fosse stato un gorilla femmina, se si fosse creata una sintonia tra lei e il protagonista maschile e magari la gorillona lo avesse anche protetto e salvato, mi sarei divertita meno?
Personalmente ritengo di no. Una gorilla alta come un palazzo sarebbe stata meno forte, potente, spaventosa di un esemplare maschio?
Poniamo sia possibile trovarci su un’isola misteriosa, piena di creature enormi, un’isola che avrebbe sorpreso anche Darwin. Siamo lì, che camminiamo ed esploriamo e a un certo punto ci troviamo di fronte il dito di un piede peloso che è alto come noi. Solleviamo lo sguardo e vediamo una creatura immensa, arrabbiata, che emette un ruggito potentissimo, capace di sradicare una sequoia solo respirando un po’ più profondamente del normale. A quel punto conterebbe sapere se è maschio o femmina? O forse perderemmo in ogni caso il controllo degli sfinteri? Sono domande retoriche, non vi affaticate a rispondere.
Ma proviamo anche a fare il ragionamento inverso, cioè a partire dal punto di vista dell’essere umano e non del gigante peloso, già accennato prima .Lasciamo da parte un momento il sesso del gorilla (o della gorilla) e concentriamoci invece sul sesso degli attori protagonisti. Vado un po’ indietro nel tempo, al film “King Kong” con Jessica Lange, del 1976. Perché lì il tema sugli stereotipi di genere è molto più chiaro rispetto all’ultima versione cinematografica.
Nel film di una quarantina di anni fa abbiamo gli ingredienti perfetti per sviluppare la nostra riflessione: una bellissima donna, bionda e sexy, data in sacrificio a una enorme bestia, bestia con la quale instaura a poco a poco un rapporto speciale. Kong difende e protegge la donna dai pericoli, e a suo modo se ne innamora; la donna, dal canto suo, si affeziona al gigagorilla e se ne prende cura, difendendolo dai personaggi cattivi del film, che vogliono sfruttarlo e poi ucciderlo e che sono ovviamente tutti maschi.
Allora la seconda domanda è: se fosse stato un attore maschio a mostrare sensibilità verso la creatura e non una donna, sarebbe stato così strano? L’uomo deve essere cattivo, insensibile, guerrafondaio, altrimenti che uomo è? E la donna sensibile, accudente, e preferibilmente bella?
E qui si apre un altro capitolo della questione, per colpa soprattutto della Walt Disney. Vogliamo parlare di “La bella e la bestia”? Tra l’altro mi è stato facile collegare Kong a questo cartone, non solo perché ha delle evidenti similitudini ma perché, per coincidenza, i due film sono in contemporanea nelle sale proprio in questi giorni.
La donna si innamora tipicamente dell’interiorità delle altre persone, l’uomo, invece, si sa, è un superficialone, per cui se non sei bellissima con il cavolo che ti fila. Che brutta immagine degli uomini abbiamo, non solo delle donne. Gli stereotipi di questo tipo non fanno bene a nessuno. Ma proprio a nessuno.
Opinioni precostituite, generalizzate, semplicistiche, questo sono gli stereotipi: non si valuta che esistono i casi specifici, le persone specifiche, le situazioni specifiche. Eppure questo insegniamo da secoli alle persone, fin da piccole: la donna deve essere aggraziata, sensibile, preferibilmente passiva, accudente, sessualmente inibita; non va bene esprima delle emozioni come la rabbia, considerate tipicamente maschili. L’uomo, invece, fin da bambino, deve essere forte e coraggioso, sessualmente disinibito e molto attivo, e non va bene esprima emozioni come la paura o la tristezza.
Mettetevi il cuore in pace, il nostro sistema limbico è identico, le nostre emozioni di base sono identiche, indipendentemente dal sesso. Tutte le emozioni sono fondamentali, per tutti, per tutta la vita. I meccanismi alla base della risposta sessuale sono uguali per gli uomini e le donne, il piacere e il benessere sessuale sono un diritto di tutti e la maggiore o minore propensione a vivere in modo spontaneo le proprie inclinazioni non dipende dall’essere femmina o maschio, ma da come si viene educati, dalle esperienze positive o negative che si fanno e dall’altezza dei muri eretti dalla cultura e dalla società.
Il mondo ideale non è fatto di separazione, discriminazione, sessismo, ma di libertà, rispetto di tutti, valorizzazione delle differenze e della variabilità umana. Un mondo dove può esistere Queen Kong, dove Shrek vive a palazzo e Fiona nella palude, dove le principesse sconfiggono i draghi e salvano i cavalieri, dove un principe può vestirsi di rosa e dove un uomo può piangere e una donna può essere forte, coraggiosa o sessualmente disinibita senza essere etichettata negativamente.
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