La pornografia e le donne: il cinema
La pornografia è stata fatta per lungo tempo dagli uomini, con un target prettamente maschile, ma con il tempo si è fatta avanti una nuova proposta di pornografia, fatta dalle donne per le donne. Basta pensare ai lavori di Mia Engberg, di Erika Lust, di Tristan Taormino, di Annie Sprinkle, per citare alcuni nomi famosi, ma sono moltissime le registe che hanno scelto di dare il loro contributo al cinema a luci rosse. In Canada esiste addirittura un festival specifico per la pornografia al femminile, il “Feminist Porn Award”.
La pornografia per le donne, però, non si limita ai film porno-femministi girati da registe donne. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che anche il grande regista Lars Von Trier, a partire dagli anni Novanta, ha iniziato a produrre con la sua casa di produzione “Zentropa” e in associazione con “Puzzy Power”, film pornografici rivolti a un pubblico femminile.
Quando si parla di Lars Von Trier e pornografia viene in mente “Nymphomaniac”, il suo film mainstream in due volumi più conosciuto dal pubblico, ma questo è più un porno-dramma che un porno tout-court, che parla di ipersessualità femminile, cioè di sex addiction. In questo caso, tra l’altro, ci riferiamo a uno dei suoi film capolavoro che certo ha a che fare con il suo interesse verso la sessualità femminile, ma evolutivamente parlando sta al porno puro come la matematica avanzata sta alle addizioni.
“Constance”, “Pink Prison”, “All About Anna”, sono film prodotti da Von Trier basati sul cosiddetto “The Puzzy Power Manifesto – Statement on women and sensuality”. Il Manifesto del Puzzy Power indica che i film pornografici devono avere una trama, erotismo, sentimenti, le riprese devono andare oltre i soli genitali e non devono esserci soprattutto scene di violenza verso la donna. Anche l’umorismo è esplicitamente indicato come ben accetto.
Le donne come protagoniste del porno
Le donne non sono protagoniste del cinema porno solo perché sono state, recentemente, sdoganate le regie al femminile. La pornografia e le donne sono state unite spesso da un protagonismo che le ha viste più davanti alle telecamere, che dietro.
Le donne espongono da sempre i loro corpi, da quando è nata la fotografia. Anzi, direi da prima, da quando è nata l’arte: quadri, sculture, nate da pose di nudo femminile; sono moltissime le opere d’arte di questo tipo. Poi le vecchie foto in bianco e nero, le riviste a colori, i calendari, i film e i video. Ora ci sono le piattaforme come OnlyFans. Non c’è molta differenza a livello di concetto, semmai a livello di estetica: nudo artistico, nudo erotico, nudo pornografico.
Un tempo la pornografia era esclusivamente di natura professionale, poi si è passati ai video amatoriali, e alle vetrine virtuali (social) che racchiudono in sé una vasta gamma di offerte e una diversa tipologia di donne che ne fanno uso. Ci sono le pornostar, che hanno utilizzato le nuove piattaforme per ampliare il loro bacino di utenza a scopo pubblicitario ed economico, ma ci sono anche persone non professioniste che si sono affacciate a questo mercato.
A volte si sottolineano solamente le opportunità di queste nuove forme espressive e di lavoro, altre volte solo i rischi e le insidie. Entrambi gli elementi sono presenti e da tenere in considerazione, la differenza principale tra rischio e opportunità sta negli scopi, ma soprattutto nella maggiore o minore libertà e sicurezza con cui la donna si approccia a questo tipo di esposizione pubblica. È il modo in cui utilizziamo gli strumenti che fa la differenza; gli strumenti, in sé, presentano sempre insidie e opportunità, a seconda dei casi.
Esiste una forma libera, egosintonica, emancipata, di riappropriazione del proprio corpo, nella creazione di contenuti pornografici, ma anche un uso sbagliato, forzato, egodistonico e rischioso della tecnologia per questi scopi. Tutto dipende da quanto la pornografia la si fa in modo consapevole, sano e sicuro.
Pornografia positiva o negativa? Verso una educazione alla sessualità.
La pornografia non è necessariamente qualcosa di negativo. Molte donne, specialmente giovani, ad esempio, guardano video della categoria “lesbian”, indipendentemente dal loro orientamento sessuale, per conoscere meglio il loro corpo, per sperimentare l’autoerotismo, sostanzialmente per “capire come si fa”, come ci si procura il piacere.
La pornografia però non può essere l’unico modo in cui i ragazzi si approcciano alla sessualità, perché manca di un aspetto fondamentale: l’educazione all’affettività.
Quando non c’era internet, la carenza di informazione veniva comunque già colmata attraverso la fruizione di contenuti pornografici, anche se magari si trattava di riviste o di vhs.
La curiosità verso la sessualità è naturale e cerca risposte e informazioni. Se queste risposte e informazioni non vengono date ai ragazzi e alle ragazze dalla famiglia, dalla scuola, le cercheranno necessariamente altrove, dove sono facilmente reperibili. Ma queste informazioni sono parziali, a volte errate, a volte distorte rispetto al reale, e certamente poco relazionali. Si teme che educare alla sessualità e all’affettività porti ad esperienze precoci, a condotte a rischio, mentre le ricerche mostrano tutto il contrario.