I figli di coppie omosessuali e la gestazione per altri non sono argomenti discutibili per l’Italia, unico Paese europeo oltre alla Polonia e all’Ungheria a bocciare il regolamento Ue per il riconoscimento dei diritti delle coppie omogenitoriali e dei loro figli, non stupisce quindi che l’argomento della maternità surrogata sia off-limits per la nostra politica.
“Era inammissibile che il certificato dei figli delle coppie gay potesse diventare automaticamente valido e quindi accettato anche in Italia. Ciò sarebbe andato a ledere i principi di sussidiarietà e proporzionalità. La risoluzione contro il certificato europeo è inoltre necessaria, affinché non venga bypassato, pur nella dovuta tutela dei diritti fondamentali dei figli e dei minori in genere, il divieto di maternità surrogata vigente in Italia“ (Mario Scurria, segretario di FdI alla commissione Politiche europee).
Con la nota attenzione per i diritti di tutte le persone, l’Unione Europea sta proponendo una norma valida in tutt’Europa che garantisca a tutti i nati l’uguaglianza di status: a ciascun nato nell’Unione devono essere garantiti eguali diritti a prescindere dalla modalità di nascita, e basta con le discriminazioni tra figli legittimi, illegittimi, adulterini, naturali, e altre sciocchezze simili!
In Italia questo sano principio morale di uguaglianza civile non è stato riconosciuto da una Commissione del Senato, che ha bocciato la proposta europea. Per coprire questo obbrobrio è iniziata una campagna stampa contro ciò che con espressione disgustosa e sessista viene chiamato l’“utero in affitto”, ossia la pratica della “gestazione per altri” in cui una donna porta a termine una gravidanza per consentire a chi nasce di vivere come figlio di chi lo ha voluto.
Nella storia sono state diverse le forme di collaborazione promosse per far vivere e crescere i nuovi nati, e la più nota è stata il baliatico in cui la “mamma di latte” aiuta dopo la nascita per consentire al neonato di crescere. Oggi le tecniche di riproduzione assistita fanno sì che la collaborazione possa attuarsi anche prima della nascita, allargando le opzioni e le forme di genitorialità che mostrano un aumento di responsabilità.
Qui sta il punto fondamentale da considerare: nel far venire al mondo un nato, l’aspetto etico (e giuridico) centrale è la responsabilità per la sua vita, la sua crescita e il suo benessere, e non tanto le modalità con cui si incontrano i gameti (se “naturali”, “assistite”, etc.).
Il punto costituivo della genitorialità non è l’aspetto “naturalistico” relativo alla condotta fisica che ha portato all’esistenza un nuovo nato, ma è l’assunzione di responsabilità per il miglior interesse del nato.
La fecondazione assistita è moralmente (e giuridicamente) lecita perché favorisce l’assunzione di responsabilità genitoriale, e per la stessa ragione non si vede perché non debba esserlo anche la gestazione per altri.
Non è vero che la gestazione per altri di per sé comporti sempre la reificazione della donna e la mercificazione del figlio, perché può essere un modo per costruire nuove forme rispettose di relazione e parentela.
Certamente la nuova pratica va regolamentata, ma non per impedirne l’attuazione o per demonizzarla, quando piuttosto per evitare sfruttamenti e eventuali altre incongruenze che possono crearsi, analogamente a quel che capita in altri ambiti, esempio quello dell’adozione.
La proposta di un divieto universale di gestazione per altri è obsoleta e sbagliata come lo è stata l’idea di divieto universale di fecondazione assistita o di altre pratiche che hanno allargato le opportunità di scelta.
La Consulta di Bioetica Onlus da sempre ha promosso l’uguaglianza di tutti i nati e del loro miglior interesse, a prescindere dalle diverse modalità di nascita, e continuerà a operare in questo senso opponendosi alla criminalizzazione della gestazione per altri. (Maurizio Mori – Presidente della Consulta di Bioetica Onlus).
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